Quattro marchi per noi possono bastare

La quintessenza del progetto grafico moltiplicata per quattro volte

Benvenut* o bentornat* su “Friday File – vi diciamo quel che facciamo”, la nostra newsletter mensile che racconta cosa sta succedendo qui in GEAR.it. In questa puntata il racconto di un progetto durato cinque mesi e sette camicie.

Il primo marchio non si scorda mai

Nel volume “Critica portatile al graphic design” l’autore Riccardo Falcinelli definisce il marchio «la quintessenza del graphic design, poichè riassume in sé le condizioni fondamentali della comunicazione visiva: identificare, informare, presentare e promuovere». Si tratta dunque di un progetto di sintesi visiva complesso ma stimolante che il progettista grafico affronta con una certa frequenza nella propria vita professionale. Ad esempio questo è il primo che ho progettato e risale al secolo scorso (era il 1996 su per giù).

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Il Marchio delle Edizioni Cervino Châtillon riprende la forma del famoso monte visto dal versante italiano. Progettato con il software Aldus Freehand, l’esecutivo era stato disegnato a china su cartoncino Schoeller da 600 grammi per essere poi fotografato con la reprocamera

Ora, pur nella varietà – tra i casi strani ho progettato marchi per un sistema di parchi cittadino, per uno spettacolo di teatro sperimentale o per una band musicale padana che però si chiama Iran – mai mi era capitato di doverne progettare ben quattro tutti insieme – fila di punti esclamativi assolutamente necessaria !!!!!!!!!!!!!!

Quattro marchi per noi possono bastare

Quattro marchi? Non sono un po’ troppi – fila di punti di domanda ?????????? In effetti mi sento un po’ come quel cacciatore della barzelletta che spergiura di aver preso con un colpo solo due alci, un daino e un cinghiale che passava di lì…🦌
Infatti il progetto di un marchio va ben oltre il semplice design: richiede ricerca, analisi, relazione stretta con il committente, spirito di interpretazione e, of course, creatività. E poi mappe mentali, regole di percezione ottica, significato dei colori, momenti di decantazione, prove di applicazione. Insomma già uno è una bella bazza, quattro insieme sembrano veramente tanti.

Strano ma vero

Eppure è successo: ecco come mai. A seguito di una strategia emersa in un Esercizio di Futuro, GEAR.it ha deciso di inglobare alcune imprese con l’obiettivo di offrire servizi innovativi mettendo in sinergia competenze differenti. Sviluppo software, coaching e risorse umane, organizzazione aziendale, traduzioni e interpretariati, comunicazione e visual design, previsione strategica: in un’unica azienda sono così confluite differenti imprese preesistenti con una propria storia e identità. Il cambio di compagine societaria, nuovi arrivi, l’avvio del processo di integrazione: le singole aziende, diventate Business Unit, hanno subìto un’evoluzione che meritava di essere marcata. Serviva perciò un redesign dei marchi in grado di interpretarne l’attualità e gli sviluppi senza tradirne la personalità e la storia. Un design che, in estrema sintesi, raccontasse una storia.


Una volta al mese ti raccontiamo qualcosa di noi


Cinque mesi per me possono bastare

Pronti via. Però secondo la sequenza utilizzata nell’approccio progettuale al design. Per prima cosa abbiamo organizzato dei focus group per ogni Business Unit. Ne è uscita una parola chiave che potesse ispirare il design vero e proprio. Contestualmente sono stati concordati alcuni aspetti formali: proposta di un font adatto, cromie preferibili, presenza o meno di un segno (il marchio), oppure design del solo logotipo (la caratterizzazione del nominativo senza segno affiancato). Infine la progettazione grafica vera e propria: in alcuni casi la prima proposta ha funzionato senz’altro, in altri sono stati necessari due o tre incontri di affinamento. Infine i marchi progettati sono stati messi a confronto tra loro in modo da pareggiare alcuni aspetti formali. Cinque mesi ci sono voluti tutti-tutti.

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Ipotesi progettuale per il design del nuovo marchio Gear mostrata durante la presentazione interna

I nuovi marchi

Eccoli dunque in brevi animazioni “before and after” e in ordine assolutamente alfabetico.

GEAR

Una “G” stilizzata ricorda il network informatico ma anche la raffigurazione del cervello. Perchè va bene l’AI, ma per far funzionare le macchine servono persone che le istruiscano opportunamente.

HIC ADV

Carattere tipografico graziato ad altro contrasto tra aste orizzontali e verticali e una semplice virgola fucsia a separare due termini – uno dal latino e l’altro un’abbreviazione in inglese desunta dal linguaggio tecnico. Un inserto minuscolo che cambia tutto. 

LIGABUE

Il logotipo violaceo, colore poco usato nel settore, è composto da glifi desunti da alfabeti di lingue differenti. Poliglotti dentro e fuori.

UBF PARTNER

Un classico intramontabile della tipografia – il carattere del maestro Giambattista Bodoni –  conferisce autorevolezza e credibilità al logotipo. L’affidabilità ha bisogno di un immagine attendibile.  

Concludendo: grappa Bocchino sigillo nero

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Mike Bongiorno ce lo ricorda (combinazione: sullo sfondo ritorna il monte Cervino 🏔️): che si tratti di un ente, di un’azienda, di un servizio, di un prodotto o di un evento, il marchio che funziona, da semplice segno diventa simbolo originale, riconoscibile e memorabile del chi-siamo / cosa-facciamo / come / e perchè. Il pilastro su cui si fonda l’intera identità visiva. E, giustappunto, a partire dal 3 aprile prossimo tutti gli strumenti di comunicazione delle Business Unit verranno via via aggiornati.  


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Si evoca da più parti la propensione al cambiamento come qualità delle organizzazioni ma non sono poche le aziende che, solo per abitudine, mantengono marchi disegnati ai tempi del nonno di Bartali. I mercati, i gusti e i significati stanno cambiando alla velocità della luce e i segni che li rappresentano devono stare al passo. La bella notizia è che se avete bisogno di un marchio, adesso sapete a chi rivolgervi.  😉

PS. Questo articolo è stato scritto senza l’ausilio di Open AI. I termini colloquiali e la punteggiatura reiterata sono garanzia di artigianalità del prodotto ✒️

Random

Vi linkiamo quel che vediamo. A cura della redazione.

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